1936 – 1955
DAL FASCISMO ALLA RICOSTRUZIONE

Il ventennio che qui ricordiamo, racchiude uno dei periodi più bui e tristi per il nostro Paese: la complessità della vita politica e sociale di quegli anni si ripercuote anche sulla nostra comunità parrocchiale. Nel successivo dopoguerra, nel pieno della ricostruzione e dello sviluppo della città di Sesto, viene a mancare il fondatore e guida della comunità, le cui redini saranno assunte da don Egidio Cappellini, Pastore per i successivi trent'anni.

Sono trascorsi vent'anni dalla posa della prima pietra della parrocchia di S. Giuseppe: il rione inizia ad assumere una sua peculiare identità, la popolazione è in continuo aumento per l'espandersi dell'attività economica e produttiva della grande industria che caratterizza la città, e anche la vita della comunità ha ormai raggiunto la sua più completa autonomia, sia dal punto di vista pastorale che associativo. Giungono così gli anni del regime: le squadracce del partito, cioè le bande di giovinastri che nel corso del ventennio fascista terrorizzavano i cittadini, una sera sul tardi si presentarono in oratorio, e con voce minacciosa e randelli in mano, cominciarono a disturbare e a inveire sui giovani oratoriani, sempre presenti in gran numero ogni sera, minacciando stragi di ogni genere. Volò anche qualche cazzotto, e non si può dire chi avesse la peggio: tutti quanti finirono pesti, fino a quando entrambi le parti, sfiancate, stabilirono una tregua, pronte a riprendere, a sentire "loro", alla prossima occasione. Quella prossima occasione, però, non venne mai, perché all'indomani il Parroco, che la sera prima non aveva potuto essere presente perché impegnato in una riunione, venuto a conoscenza del fatto, si diede da fare e organizzò a sua volta, seguito dai suoi baldi giovani oratoriani, una spedizione alla sede del Partito cittadino. Il gerarca di turno, dopo aver sentito le rimostranze del Parroco e dei giovani oratoriani (capitanati come al solito dai due chierichetti Monti e Bossi, forti della loro veste di seminaristi e del loro spirito missionario), richiamò i suoi "seguaci" e con una solenne ramanzina li costrinse a promettere di non compiere altre simili bravate.

1940: don Aurelio, don Francesco e don Giuseppe con un gruuppo di giovani

 

Seguirono poi gli anni cupi del secondo conflitto mondiale. Le conseguenze furino pesanti per le sorti della chiesa: metà del concerto di campane fu ritirato dal governo e fuso per le necessità di guerra; i bombardamenti e mitragliamenti provocarono danni, sia pur lievi, alle vetrate e all'organo. La vita spirituale, però, pur tra mille difficoltà, continuò: molte furono le funzioni particolari, propiziatrici di pace, e le feste dei coscritti, con relative conferenze educative, morali e spirituali per i partenti alle armi; neppure una guerra poté trattenere il Card. Schuster dal compiere, nel 1942, una visita pastorale in questa parrocchia da lui consacrata; nel 1944 i Padri di Rho predicarono le Missioni parrocchiali. Non tutto però poté seguire il corso naturale: l'Associazione Giovani Esploratori fu sciolta nel 1928 dal regime e poté rinascere solo nel 1945; i pellegrinaggi dovettero essere sospesi e così i contatti con i nostri Missionari, ripresi tutti al termine della guerra. Passati gli anni della triste guerra, vennero rinnovate in chiesa le tinte delle pareti e delle colonne, e applicate sui dodici finestroni le vetrate colorate raffiguranti i dodici Apostoli, ad opera della ditta Albertella di Milano. Grande fu anche il concorso del popolo nelle donazioni dei paramenti sacri e oggetti destinati al culto divino; alcune ditte, con modiche spese, rinnovarono strutture già esistenti (il tetto della chiesa, le case dei coadiutori, l'oratorio ecc.). Nel 1948 fu deciso l'acquisto della "Casa Mariani", sede del circolo cattolico parrocchiale Card. Ferrari, e il 12 marzo 1950, assieme alla ristrutturazione del circolo, fu posta la prima pietra della casa delle Associazioni ACLI ( l'81 di via XX Settembre), con l'intervento di Lazzati, futuro rettore della Università Cattolica. (Questi due stabili, sono stati poi venduti negli anni novanta per reperire parte dei fondi necessari alla costruzione del nuovo oratorio ndr ). L'inaugurazione avvenne l'anno seguente; "l'attrezzatura è moderna, i locali accoglienti e i debiti cospicui ( ma saranno estinti in pochi anni)", ricorda così il Liber Chronicus. Tra i più decisi sostenitori di questo ampliamento negli edifici parrocchiali ricordiamo uno dei coadiutori, arrivati in quegli anni e destinati alle varie istituzioni della parrocchia, il caro don Piero Pini, in seguito nominato parroco di S. Michele a Busto Arsizio. L'anno 1951 fu un anno difficile per la città e ricco di avvenimenti: numerosi e dolorosi furono i licenziamenti alle officine Breda e Marelli; il Polesine venne devastato dall'alluvione ed alcune famiglie trovarono ospitalità nel nostro Oratorio maschile; l'instaurazione del regime comunista in Cina costrinse al ritorno, dopo diciassette anni di apostolato, il nostro Padre Monti. Ma un dolore enorme stava per colpire la nostra parrocchia: nel marzo del 1952 l'amatissimo parroco don Francesco fu colpito da una paralisi che lo immobilizzò, rendendo necessario l'arrivo di un Vicario diocesano, don Pasquale Viganò. Dopo due anni di malattia, sopportata senza un lamento, offrendo le sue sofferenze per la salvezza delle anime a lui affidate, il 7 gennaio 1954 don Francesco fu chiamato alla casa del Padre. I funerali, tre giorni più tardi, furono un'apoteosi di ringraziamento di tutto un popolo .

1949: Foto di gruppo davanti alla grrotta di Lourdes in oratorio

 

Era stato nel frattempo nominato nuovo Parroco di S. Giuseppe don Egidio Cappellini (proveniente da S. Gerardo di Monza), che fece il suo solenne ingresso in parrocchia il 28 febbraio, accolto al Rondò da un grandioso corteo, che lo accompagnò poi in processione fino alla sua nuova chiesa: avevamo da poco salutato con commossa e riconoscente manifestazione il primo parroco, don Francesco Rigamonti e subito demmo il benvenuto con trionfale letizia al suo successore. L'apostolato di don Egidio ha saputo assumere forme assai diverse, prendere indirizzi e direzioni che solo al superficiale possono sembrare precluse a un sacerdote, uscire di prepotenza dagli schemi di una convenzionalità talora complicata per essere più moderno, magari più sbarazzino, ma certo più efficace. Egli agiva, senza tanti complimenti, come era sua natura e suo dovere, con un dinamismo che la maturità non ha afflosciato. Accenniamo qui alle più significative manifestazioni religiose annuali a cui è stato dato maggior impulso, quali le belle processioni eucaristiche del Corpus Domini, quelle Mariane e Lourdiane. La Messa della bontà per la gioventù alla vigilia di Natale; e naturalmente non parliamo dell'opera spirituale che non si può descrivere, perché s'affondava nel segreto delle anime; ma possiamo solo dare testimonianza di un lento ma sicuro rifiorire del senso religioso tra i parrocchiani. Il primo anno di presenza del nuovo parroco fu ricco di avvenimenti e di iniziative: il 29 giugno celebrò la sua prima S. Messa don Angelo Valota, nostro parrocchiano; in settembre la parrocchia fu chiamata a partecipare numerosa alle esequie del Card. Schuster, che fu sostituito da Mons. Montini; molti furono i pellegrinaggi ai diversi santuari, sempre guidati dall'infaticabile parroco; in luglio si resero necessari i primi lavori di riparazione all'oratorio… Don Egidio decise anche di rivedere gli orari delle S. Messe festive: per la prima volta venne aggiunta una Messa vespertina alle 17,30 e, in seguito a un referendum parrocchiale, si decise l'istituzione di una S. Messa per la gioventù alle 9, anticipando di conseguenza di mezz'ora la Messa delle 8,30. Sesto si avviava ormai verso i 50.000 abitanti, tanto che nel 1955 ottenne l'ambita elevazione a "città": poiché il Comune aveva "dimenticato" di invitare le autorità religiose alle manifestazioni cittadine del 2 giugno, i solenni festeggiamenti religiosi e sportivi si tennero il 26, culminati con una processione da S. Giuseppe alla Prepositurale di S. Stefano. Sorgeva poco distante dalla parrocchia un cascinale chiamato "Torretta", la cui costruzione risale al 1600 circa, al quale fu aggiunta una chiesetta destinata ai padroni e a tutti gli abitanti del complesso, in maggior parte agricoltori, ma vuoi per incuria, per negligenza, o per intemperie, la chiesetta, come tutto il circondario, man mano che gli anni passavano, andavano rovinandosi, fino ad erigersi a solo magazzino di merci o deposito di rifiuti, e per oltre tre secoli fu abbandonata al suo declino. Solo intorno al 1950 si cominciò la ristrutturazione, e ai giorni nostri nella chiesina sono riprese le sacre funzioni, così che è diventata un'appendice della parrocchia stessa a conforto spirituale di circa un migliaio di fedeli, venuti nel frattempo a popolare il rione.

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