Corresponsabilità 18 gennaio 2015

Quando l’incanto della festa,
come il vino, rischia di finire…

 

 

Gesù svela progressivamente la sua condizione divina tra di noi, e lo fa ad una festa di nozze, a Cana di Galilea.
Il simbolo delle nozze tra Dio e l’umanità, tracciato nella Scrittura fino alla pagina intrisa di un vino nuovo di Alleanza, che diventa sangue sul Calvario, vita donata a noi, ha il suo primo svelamento a Cana.
Quell’«ora» non ancora giunta è infatti l’ora della croce.
Squisita cortesia quella di Maria che, prendendolo in disparte al banchetto di Cana di Galilea, osa dire a Gesù che lì non c’è più vino.
Sì, forse hanno ancora cibo, in quel banchetto di nozze, ma certamente non hanno più vino; il vino del festa è venuto a mancare.


Curioso, perché le donne sono più inclini ad occuparsi del cibo e a lasciare agli uomini di preoccuparsi del vino.
Circostanza curiosa e geniale al tempo stesso, perché la donna sembra ora dire all’uomo: va bene, io continuo pure a mandare avanti le cose con quel poco che abbiamo ma, se manca il vino generoso della vita, non ha senso neppure tirare la cinghia.
Ed è semplicemente vero che non è la mera logica della sussistenza a salvarci la vita. Straordinaria metafora della tavola dei nostri paesi occidentali, ancora in grado di mettere qualcosa sulla tavola della sussistenza, ma da tempo incapaci di provvedere al vino della festa.
Mi confidava un giovane egiziano: accetto di fare sacrifici, ma quando viene a trovarmi un amico desidero almeno offrigli un buon succo di frutta, e non un semplice prodotto del sottocosto.
Qui è l’inizio della festa, nella quale all’amico si regala qualcosa di più di quanto normalmente concediamo a noi stessi.
Il segno che Gesù compie a Cana, quel segno che vale un miracolo, permette proprio questo: che anche alla fine ci sia il vino buono, addirittura quello eccellente.
Un segno, quello di Cana, anche per la religione quando essa inclina più a tenere in vita abluzioni che a rianimare nuovo umanesimo.
Quando le religioni moltiplicano i riti di abluzione, dimenticano più facilmente i riti della festa.
Rinchiudendosi nelle abluzioni, esse rinforzano se stesse e lasciano l’uomo allo sbaraglio di ogni estremismo.
A Cana l’umanità ritorna a far festa, perché le giare colmate d’acqua fino all’esasperazione, ora tracimano della nuova economia del dono.
La ricchezza è un atto di fede, non solo l’esito di un successo economico.
Chissà se ci sarà un tempo nel quale anche le religioni e società si convertiranno a questo meraviglioso invito!

 


Don Leone

 

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