Corresponsabilità 4 ottobre 2015

Francesco, ripara la mia Chiesa!

 

CON LA CHIESA AMBROSIANA PELLEGRINA AD ASSISI

 

Traggo spunto per la mia piccola riflessione dal mosaico del gesuita Marko Rupnik, dedicato a Francesco d’Assisi.
L’artista, con fine intuito, vi associa due dei temi fondamentali della vita del Poverello: l’abbraccio del Crocifisso e l’edificazione della Chiesa.
La conformazione a Cristo e l’edificazione della Chiesa sono letti qui finalmente insieme, non in opposizione, ma come un unico momento della sequela.
L’essere con Gesù sulla croce spalanca infatti le mani e le braccia del santo—a immagine di Cristo - per sostenere quella nuova Umanità- Comunità che nasce proprio dalla

ferita del costato del Maestro.
Una Chiesa ferita e spaccata può essere riparata solo dalla ferita del costato di Gesù.
La sua unificazione è in Cristo, forma vera di ogni comunità credente.
Francesco non si è mai proposto come fondatore di una Chiesa alternativa, più pura e più santa, ma come un suo umilissimo servitore e figlio.
La riforma della Chiesa è un processo coraggioso, lento ed impegnativo, ma soprattutto solidale.
Riformare la chiesa è amarla ed abbracciarla, non condannarla o abbandonarla.
Non è per mettere gli uni contro gli altri, né per consentire a chicchessia dispettose quanto arbitrarie attribuzioni di vero cristianesimo.
La povertà ne è la condizione imprescindibile. Povertà che è semplificazione di mezzi, riconoscimento di ciò che è essenziale rispetto all’accessorio, umiltà e rispetto.
Abbracciare la croce non è come brandirla, è lasciarsi crocifiggere invece che crocifiggere, è rinuncia a fare conquista per attirare invece tutti a sé nella carità.
Quel nuovo Umanesimo, che la fede deve sempre favorire nella storia degli uomini, nasce da un modo nuovo di vedere la realtà: un pensare e sentire commisurato all’essere-in- Cristo (cfr. Educarsi al pensiero di Cristo di A. Scola).
Ancora, in un titolo della Lettera pastorale, l’arcivescovo A. Scola scrive: avere la forma di Cristo non è avere lo schema del mondo.
Viviamo in una civiltà che moltiplica schemi e protocolli e perde invece figura.
Il cristianesimo è impegnato nuovamente a realizzare figure, non semplici schemi di vita.
Vivere tutta l’esistenza in Cristo mette il cristiano nella condizione di una testimonianza credibile e bella.
La posta in gioco è altissima e la sfida non più rimandabile.
La riforma della Chiesa tocca oggi ogni credente: uomo o donna, giovane o vecchio, chierico o laico.
Il cristiano non è mai un opinionista ma un riformatore coraggioso e paziente.
In una civiltà liquida dare forma (da cui anche ri-forma) è principio di responsabilità storica e di coraggio evangelico.


Don Leone

 

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