Corresponsabilità 23 ottobre 2016
UNA DIVERSA MONDIALITÀ
PICCOLI PENSIERI NELLA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
“La mia casa è il mondo” è diventata un’espressione semplicemente turistica!
Avere i confini del mondo, sebbene rischi quasi sempre di trasformarsi in una pericolosa iperbole, uno spot ad effetto, significa accettare di essere sfidati dal mondo.
Mondiale è diventato da secoli sinonimo di tragedia: mondiali sono state, e continuano ad esserlo, le guerre e le calamità, climatiche e ambientali.
Mondiale è anche lo sfruttamento delle risorse naturali ma soprattutto quelle umane.
Anche nella storia recente la mondialità è un problema aperto e contraddittorio, un business miliardario e una voragine sempre più spalancata.
Il mondo ormai fa guerra al mondo.
Poteri economici e finanziari, sistemi politici e tradizioni religiose, curve demografiche inquietanti e contraddittorie, reti globali di comunicazione, si schierano come eserciti su un fronte planetario.
L’occupazione dello spazio è l’obiettivo comune e trasversale del dominio sull’altro.
Che sia un territorio geografico, economico o anche esistenziale, sapere dove è l’altro e gestirne lo spazio, come anche occuparne e saturarne gli spazi, è la vera strategia della potenza.
Nella sua Evangelii Gaudium papa Francesco a ben ragione opponeva spazio a tempo, riconoscendo solo a quest’ultimo la possibilità di generare processi e non, invece, di occupare e sequestrare spazi.
La potenza economica e tecnologica ma anche la disperazione di molti popoli giocano una infinita partita a scacchi, un continuo spostamento di capitali e di povertà.
I popoli si muovono anche perché le potenze economiche si sono già mosse e si traslocano senza remore da una parte all’altra del pianeta inseguendo bassi costi produttivi e migliori approvvigionamenti.
Spesso le vie della ricchezza aprono le vie del bisogno e della privazione.
E così migliaia di uomini, di donne e bambini portano il mondo a casa nostra, nuovi missionari della globalizzazione dei problemi.
Nessuno sa stare più a casa sua, ciascuno preferisce stare a casa dell’altro.
“Abitare” diventa allora il verbo fondamentale del nostro tempo, e “come abitare” la sua questione cruciale.
Senza un’etica dell’abitare semplicemente si sta, come ricchi o come derelitti, come sfruttatori o come sfruttati.
Ci si rincorre senza mai trovarsi, occupando spazi e rimanendo stranieri di ogni dove.
Fino a quando?
Don Leone